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Vedianche - Notiziario della Sezione Ligure dell'Associazione Italiana Biblioteche
Numero 1-2 Vol. 22 Anno 2012 ISSN 2281-0617

La biblioteca nella scuola, il bibliotecario e gli studenti, la documentazione e l'apprendimento

Alessandra Longobardi

Negli ultimi tempi nel mondo delle biblioteche si sta intensificando l'interesse per l'information literacy, termine ricco di sfaccettature (1) che, anche volendo limitarne il significato alla sua accezione più ristretta, comprende l'insegnamento di tecniche di ricerca e utilizzo delle diverse fonti informative in modo da formare utenti autonomi nell'utilizzo della biblioteca e capaci di utilizzare le fonti in maniera responsabile, possibilmente non solo durante gli studi ma anche lungo il corso della loro vita. L'information literacy è considerata infatti una chiave per il lifelong learning.

L'inserimento di iniziative di information literacy fra le attività proposte dalle biblioteche riporta alla funzione educativa di questa istituzione, che in passato ha dovuto combattere per assicurarsi una certa autonomia rispetto alle agenzie educative, e a tutt'oggi ha spesso un rapporto contraddittorio con il mondo della scuola e dell'università: si pensi alle occasioni in cui la biblioteca si ritrova a supplire le carenze di spazi per lo studio senza averne in cambio benefici tangibili sul versante della valorizzazione delle proprie risorse o almeno su quello della considerazione presso le istituzioni.

esempio i corso di information literacy

La diffusione dell'information literacy interpella poi i bibliotecari a riconsiderarsi nel discusso ruolo di formatore. Si consideri che, se in Italia l'educazione degli utenti è concepita soprattutto a livello universitario per introdurre gli studenti all'offerta documentaria delle biblioteche di ateneo, il lavoro più proficuo di educazione alla ricerca si conduce con i bambini e ragazzi più giovani, nei quali si possono promuovere gli atteggiamenti mentali propedeutici e indispensabili a un corretto metodo di ricerca: la curiosità, la motivazione, il desiderio di approfondire, il giusto scetticismo riguardo all'autorevolezza di qualsiasi fonte e dunque l'abitudine a ricavare la risposta a un quesito complesso solo dopo il confronto di più fonti, la capacità di non fermarsi di fronte a un errore ma di utilizzarlo come parte del percorso.
Risulta evidente come l'insegnamento di queste capacità sia dal senso comune ascritto al ruolo dell'insegnante (quando non della famiglia) piuttosto che a quello del bibliotecario.
Qui bisogna allora ricordare il ruolo della biblioteca quale terzo spazio (2) di riferimento per il cittadino in formazione, che non si limita a colmare le carenze della scuola e della famiglia ma ne costituisce una sponda, un serbatoio di possibilità alternativo e integrativo dei primi due, e quindi, possibilmente, in collaborazione con essi.
Da queste considerazioni deriva l'affermazione che anche i bibliotecari hanno un loro ruolo nella formazione dei cittadini, non solo di coloro che sono già utenti della propria biblioteca, ma anche (e soprattutto, direbbe chi fra essi si dedica a cercare di ampliare il pubblico dei frequentatori delle biblioteche) di coloro che non lo sono più o che rischiano di non diventarlo.

A entrambe le categorie citate appartengono gli studenti: se si chiede a uno studente delle superiori se ha mai frequentato una biblioteca, in molti casi si scoprirà che il suo rapporto con essa si è interrotto con l'uscita dai cicli inferiori, segno che il lavoro meritorio fatto da molti insegnanti non trova chi, insegnanti e bibliotecari, riesca a mantenere l'interesse alla biblioteca nei turbolenti anni adolescenziali dei ragazzi. D'altro canto, i bambini e i ragazzi che non abbiano un'”educazione alla biblioteca” sono utenti persi per le biblioteche del futuro, il che significa anche interlocutori in meno per le biblioteche stesse, preziosi se esse vogliono capire in quale direzione impegnarsi per il proprio rinnovamento.

Come le attività di information literacy possono avvicinare gli studenti alla biblioteca

Una parte fondamentale dei percorsi di information literacy education consiste nell'accompagnare il discente nella scoperta delle numerose tipologie di fonti informative disponibili: enciclopedie, monografie, riviste, banche dati, cataloghi e il vasto spettro delle informazioni online. Riguardo all'ultimo punto, occorre sottolineare che è proprio di fronte alla quantità dell'informazione digitale apparentemente disponibile senza intermediari che il ruolo del bibliotecario si fa più importante, quale guida capace di riconoscere l'informazione di qualità in quanto consapevole dei processi editoriali in atto anche sulla Rete: è quindi necessario che una parte del lavoro di istruzione alle fonti si svolga davanti a dei computer, a tu per tu con le difficoltà della ricerca per parole e con le maschere di ricerca degli OPAC. Ma anche questa parte di lavoro, e non solo il percorso di conoscenza delle fonti cartacee, acquista maggior valore se condotto all'interno di una biblioteca.
Nell'ambiente-biblioteca lo studente tocca con mano i vari tipi di documento, osserva come sono organizzati e mentre il bibliotecario-docente spiega cos'è e come funziona una biblioteca, ne ha un esempio sotto gli occhi e può partire per un'esplorazione individuale subito dopo la spiegazione. Può subito essere messo alla prova nella ricerca dei documenti a scaffale, durante la quale fa esperienza anche della serendipity nel reperimento di informazioni utili a cui inizialmente non aveva pensato. Soprattutto, lo studente prende confidenza con un ambiente che ritroverà simile in altre città e realtà istituzionali, a cui potrà far riferimento anche in futuro conoscendone le specializzazioni. Anche l'esperienza di chiedere consiglio a un bibliotecario è importante come esempio iniziale di quella che si spera divenga un'abitudine. Lo scopo dell'information literacy education non è infatti quello di rendere inutile il reference, bensì di rendere l'utente autonomo nelle ricerche di base e in grado di comprendere quando ha bisogno di aiuto, e di chiedere consiglio all'interlocutore giusto.

Quali attività intraprendere: attività a scuola, attività in biblioteca

Promuovere la biblioteca presso gli studenti comporta dunque come tappa fondamentale l'esperienza “fisica” di una biblioteca. Non per questo si deve immaginare che portare gli studenti nella biblioteca pubblica sia l'unica via o la prima tappa del percorso. Come qualsiasi visita di istruzione, è opportuno considerare questa visita come la tappa culminante di un percorso di preparazione. La biblioteca rimane aperta alle richieste degli insegnanti che vogliono farla visitare ai propri alunni, ma può fare proposte didattiche alle scuole che comprendano un colloquio più articolato con gli studenti. E' bene tenere presente anche ciò che viene offerto dal territorio: in alcuni istituti (molto pochi, purtroppo) esistono biblioteche scolastiche ben organizzate che devono costituire un importante punto di riferimento di base per gli studenti e devono essere sostenute anche con l'aiuto dei bibliotecari pubblici, vista la situazione sempre più drammatica in cui i pochi bibliotecari scolastici formati si trovano a lavorare. Un modo per far vivere queste istituzioni (e dimostrarne la vitalità ai dirigenti scolastici) è organizzare progetti formativi in collaborazione fra bibliotecari pubblici e scolastici nelle sedi bibliotecarie interne alle scuole.

Gli insegnanti come collaboratori e interlocutori

Nel pensare un intervento formativo a scuola e con le scuole non si può prescindere dai programmi scolastici e dalle inclinazioni didattiche e personali degli insegnanti. Essi sono i migliori alleati per colmare le lacune dei bibliotecari riguardo al livello cognitivo dei discenti e per programmare l'intervento migliore per una determinata classe. Se nella formazione in biblioteca, infatti, si possono creare gruppi eterogenei accomunati solo dall'essersi iscritti all'attività proposta, a scuola si possono sfruttare alcune caratteristiche dell'istruzione formalizzata: gruppi già formati e rodati e argomenti di interesse generale che il gruppo deve necessariamente affrontare (...quindi, tanto vale affrontarli con modalità nuove e più interattive). Quando è possibile, è bene approfittare di questi vantaggi strutturando percorsi di information literacy che nascono direttamente in classe, su argomenti del programma, insieme a un docente interessato – non necessariamente quello di lettere. Lavorare in collaborazione con i docenti è molto stimolante e permette al bibliotecario di guardare anche il proprio lavoro da una prospettiva diversa; così, si spera, per l'insegnante.
Alcuni docenti utilizzano un metodo didattico "di ricerca", basato sulla consultazione di testi di approfondimento e sul confronto fra le fonti, sulla produzione di relazioni e tesine e sulla loro presentazione ai compagni in luogo dell'apprendimento sul libro di testo. Ma per molti insegnanti questo metodo, ancorché promosso dal pensiero pedagogico da diversi decenni (3), può apparire nuovo e di difficile gestione. A questi docenti il bibliotecario offre una competenza specifica nell'insegnare agli studenti come muoversi in un docuverso sempre più ampio e frammentato, e l'occasione di sperimentare, entro il recinto limitato di un singolo argomento, un modo diverso di affrontare la materia e anche la relazione con i propri alunni. A chi vuole cogliere questa occasione può aprirsi la prospettiva di tornare a riflettere sulle diverse possibili modalità di apprendimento. Una strada che, senza fare del bibliotecario un docente tout court, può essere anche per lui una importante occasione di arricchimento, pur solo, se si vuole, ai fini specifici del miglioramento dei propri corsi di alfabetizzazione informativa.

Rinsaldare il rapporto fra biblioteca e scuola

Il tema dell'alfabetizzazione informativa fa riemergere quindi quello del complesso rapporto fra istituzione scolastica e bibliotecaria. Per la biblioteca c'è da cogliere l'opportunità di promuovere entro le mura scolastiche il proprio patrimonio e soprattutto i propri servizi, e il valore della figura del bibliotecario quale esperto nel reperimento e nella valutazione delle informazioni a prescindere dalla loro tipologia e localizzazione. Per la scuola, d'altra parte, si apre la possibilità di aprirsi al territorio di riferimento, esplorandone le agenzie informative, e a modalità innovative di apprendimento. Purtroppo non sono obiettivi il cui successo è prevedibile a tavolino: si basano invece sulla reale collaborazione fra i singoli, sul rapporto di fiducia reciproca e rispetto dei ruoli che si può creare fra bibliotecario e docente – e dirigente scolastico. Ci sono ampi margini entro i quali mettersi alla prova: si tratta solo di trovare, da ambo le parti, le persone disponibili a mettersi in gioco e la pazienza di costruire qualcosa che sicuramente migliorerà con l'esperienza sul campo e con la ripetizione. In questo caso come in tanti altri in cui si tratta di apprendere, è nel proporre più volte agli allievi un percorso di ricerca che salda in loro il giusto habitus mentale. Repetita juvant è un vecchio monito che deve servire non solo agli studenti ma anche a biblioteche e scuole impegnate su questa strada ancora poco battuta.

NOTE
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(1) per una disamina del concetto si veda Laura Ballestra, Information literacy in biblioteca, Milano: Editrice bibliografica, 2011

(2) concetto teorizzato da Ray Oldenburg e citato da Antonella Agnoli, Le piazze del sapere, Roma-Bari: Laterza, 2009, p. 77-79. I primi due "spazi" a cui si riferiva Oldenburg erano quelli legati al lavoro e alla residenza. Il "terzo spazio" è un luogo neutrale, di aggregazione spontanea, in cui aumentano le possibilità di frequentare persone di status sociale e opinioni diverse.

(3) Un'illustrazione plastica di ciò si ottiene guardando il film Diario di un maestro di Vittorio De Seta, 1973, tratto da Un anno a Pietralata di Albino Bernardini.