di Milvia Dabizzi
Le attività e i servizi culturali, e quindi le biblioteche, nella riforma del federalismo in fase di approvazione, non sono considerati servizi essenziali. Quindi se i Comuni vogliono investire nella cultura e nelle biblioteche devono farlo con fondi propri. Lo Stato finanzia con i trasferimenti solo i servizi essenziali. E come fanno i sindaci a decidere se investire nelle biblioteche o nelle manutenzioni (strade, scuole, etc.)?
Con queste parole è iniziato il convegno. Pronunciate prima dall’Assessore alla Cultura del Comune di Genova Andrea Ranieri e poi riprese con forza dal Sindaco Marta Vincenzi. Se la riforma passa così le biblioteche saranno in crisi perenne ed eterne cenerentole. Il 14 marzo si è svolto a Roma un incontro tra ANCI e il sottosegretario Cecchi per discutere di questo. Non sappiamo gli esiti (L’incontro è stato annunciato in sede di convegno). Il governo dei tecnici, ha sottolineato Ranieri, ad oggi sulla cultura ha fatto poco. Bella iniziativa il manifesto sulla cultura del Sole 24 ore, ma fatti al momento almeno, zero. Stefano Parise ha evidenziato che non ci sono statistiche a livello nazionale sulle biblioteche. Le Regioni si muovono in modo autonomo; l’ICCU ha solo dati parziali e non aggiornati. Ci dovrebbe essere il coinvolgimento dell’ISTAT. Da dati in suo possesso risulta dal 2005 al 2011 una riduzione generalizzata delle risorse per le biblioteche: a Milano e a Torino, città dove si è investito sempre molto, rispettivamente il 43% e il 35% in meno. Quali saranno poi le conseguenze per le biblioteche con la fine delle Province? Che ne sarà delle biblioteche provinciali? Passeranno alle Regioni, ai Comuni? Le Province in molte realtà assicurano ai sistemi bibliotecari ingenti risorse, un esempio, tra i possibili, è la Provincia di Ravenna. Se verranno soppresse, verranno a mancare anche i finanziamenti. Le Regioni devono procedere al riordino delle competenze attualmente proprie delle Province. I rappresentanti di ANCI e UPI presenti hanno assicurato che si faranno carico nelle sedi opportune di queste problematiche.
L’incontro del pomeriggio è stato improntato a sottolineare il valore della biblioteca pubblica ed il ruolo ch’essa viene ad assumere nel nuovo scenario caratterizzato dalla crisi economica generale con pesanti riflessi sulle condizioni vita di una vasta area della popolazione; dal crescente divario tra chi ha e chi non ha accesso alle nuove tecnologie cui viene sollecitato il riferimento anche per l’utilizzo dei servizi e per gli adempimenti amministrativi; dalla disoccupazione giovanile e non. A fronte di questa situazione, le biblioteche devono sapersi proporre ed essere sentite dalla comunità come un servizio essenziale, come parte del sistema di welfare, come opportunità per tenersi informati, apprendere, socializzare. Un ampio ventaglio di attività e compiti si aggiungono allora a quelli tradizionali. Tra questi, di particolare rilievo la formazione permanente su cui anche da parte governativa si stanno sviluppando iniziative tra cui quelle che tengono conto dell’invecchiamento della popolazione e ne vogliono promuovere l’inserimento attivo.
Sul modo diverso di fare biblioteca ha insistito Antonella Agnoli che vede il futuro delle biblioteche nella loro capacità di essere luoghi “molteplici”, che offrono più opportunità, dove coesistono più attività; biblioteche in grado di far nascere una nuova categoria di “consumatori”. Sarebbe secondo lei necessario trovare una nuova denominazione, non più biblioteche, ma… La questione è rimasta in sospeso, ma il tema è stato ripreso nella tavola rotonda che ha concluso l’incontro. Come potranno le biblioteche far fronte alla molteplicità di compiti cui devono assolvere nel nuovo modello? Una prospettiva aperta è il ricorso al volontariato, con tutte le cautele ed attenzioni necessarie e tenendo presente che non può porsi come sostitutivo, ma come risorsa complementare al personale in servizio. Progetti molto avanzati in questa direzione (illustrati da Elena Cognigni del Comune di Torino) hanno fatto riferimento all’aiuto che può venire dalla popolazione anziana, ancora attiva e desiderosa di spendersi in qualcosa che sente utile per la società o anche da professionisti disposti a dare qualche ora del loro tempo. Le biblioteche hanno così potuto attivare una serie di servizi (lezioni di lingua italiana per immigrati; lezioni di lingua inglese; collaborazioni con il personale interno per il prolungamento degli orari di apertura; consulenze in ambito giuridico, amministrativo, commercialistico). Altrettanto sottolineato il ruolo dei bibliotecari che devono sentirsi protagonisti di questo nuovo percorso e sviluppare adeguate professionalità. Quale posizione in questo quadro occupa la lettura? Il tema è stato sviluppato da Gian Arturo Ferrari nella tavola rotonda che ha concluso la giornata. Secondo Ferrari le biblioteche costituiscono l’unica infrastruttura nazionale a sostegno della lettura ed in questo senso devono mettere in atto ciò che è necessario per sostenerla e farla sviluppare.
La ricetta delle cose da fare per consentire ai buoni propositi di calarsi nella realtà è stata declinata da Stefano Parise e riguarda: