di Gabriela Pinna
La prima volta che ho sentito questo termine advocacy ho come avuto un sussulto “Donabbondiano”, advocacy chi è costui? La prima cosa che ho fatto è stata andare immediatamente a tradurre questo termine nei traduttori dall’inglese all’italiano on-line e il risultato non è stato molto soddisfacente, in quanto in quasi tutti il significato che mi si è presentato è stato “avvocatura”. Allora non soddisfatta del risultato mi sono tornate in mente le mie reminiscenze di latino e ho persino cercato in un vocabolario la parola advocatio, ma nulla, il significato era sempre lo stesso. Lo sgomento ha cominciato a salirmi, mi sono chiesta ma cosa centra l’avvocatura? Persino wikipedia non mi è venuta in aiuto, perché associa il termine advocacy al termine inglese advertising. Mi sono recata quindi al Seminario Notizie da IFLA organizzato da AIB il 13 febbraio u.s. alla Biblioteca delle Oblate a Firenze, con mille domande e perplessità. Dopo le dovute premesse, una ragazza molto giovane, Federica Marangio, praticamente quasi mia coetanea, su cui ho riconosciuto tutto il mio entusiasmo per la biblioteconomia, ha spiegato all’assemblea il significato di questa fantomatica e curiosa parola applicata alle biblioteche. Successivamente ci è stato sottoposto un questionario sull’argomento e le idee sono sembrate molto più chiare, sono emersi degli argomenti e problematiche che torneranno utili al giovane bibliotecario di oggi. Il termine advocacy è intraducibile in italiano, perché all’interno di questa parola ci sono molteplici significati. L’advocay applicato alle biblioteche è un insieme di strategie che il bibliotecario deve assumere, soprattutto in questo momento difficile, per poter promuovere l’attività e lo sviluppo delle biblioteche. Una delle strategie che bisogna affrontare è la ricerca di fondi o “fundraising”. Il bibliotecario non deve più stare ad aspettare che i finanziamenti arrivino dall’alto, ma deve procacciarseli intuendo quali sono le esigenze che la società di oggi richiede. L’atteggiamento advocacy quindi è perfettamente malleabile a queste esigenze e la biblioteca deve modellarsi altrettanto. Per portare questo atteggiamento nella gestione di una biblioteca non bisogna solo pensare alla biblioteca come servizio che dà in prestito libri o luogo dove si può andare a studiare, ma bisogna evolversi fornendo alla società ciò di cui essa ha bisogno, non più pensando all’utente attuale ma all’utente potenziale. Bisogna individuare cosa la società richiede e andare al passo con essa. Quindi possiamo pensare alla multimedialità e alle nuove tecnologie per esempio gli e-book e i quotidiani e periodici elettronici. Le biblioteche devono essere in grado di rispondere a queste nuove esigenze di lettura, munendosi delle giuste tecnologie, e-books, e-readers, tablets, trovando le giuste strategie legali. Altri fattori sui quali il bibliotecario può fornire il suo supporto è il problema del digital divide. Anziani e persone che non hanno avuto la possibilità di approcciarsi alle nuove tecnologie informatiche, giovani che devono redigere un curriculum, immigrati che devono accedere a servizi on line: queste categorie possono trovare nella biblioteca un punto di riferimento. Andare nelle scuole per la promozione alla lettura, per sensibilizzare i futuri lettori, bambini, ma soprattutto la difficile categoria degli adolescenti. Organizzare corsi di information literacy e aiutare le università a promuovere i corsi e-learning oppure anche solo poter avere degli acquisti coordinati nei sistemi bibliotecari per risparmiare risorse e offrire una più ampia domanda: queste sono tutte attività sulle quali i cittadini possono trovare nella biblioteca un punto di riferimento e un supporto per poter stare al passo con i tempi. Naturalmente per poter fornire un tale servizio il bibliotecario deve tenersi aggiornato con corsi di formazione non solo sulle nuove tecnologie, ma anche sul marketing, sulla lingua inglese, oltre ad avere sempre presente la convinzione che “ la biblioteca pubblica è un bene di tutti e può aiutare chiunque ad affrontare le grandi questioni della vita e i piccoli problemi di ogni giorno”. In tutti questi ambiti citati entra in gioco l’advocacy. Per poter realizzare tutti questi fantastici progetti, bisogna però essere in perfetta sintonia con l’amministrazione da cui dipende la biblioteca, con un processo di sensibilizzazione continua, cercando di individuare gli argomenti giusti su cui coinvolgere gradualmente gli amministratori che assicurano i finanziamenti e decidono lo sviluppo dei servizi bibliotecari. I giovani bibliotecari non devono sentirsi impotenti in questo ruolo, ma devono svolgere anche loro un’attività di advocacy nei confronti dei loro superiori, cercando di incitarli fornendo nuove idee e trasmettendo loro il proprio entusiasmo. Tutti questi fattori sono emersi durante questo interessante e utile Seminario IFLA, dove le idee sono diventate più chiare, sia dal punto di vista teorico, sia dal punto di vista pratico. Bisogna prendere coscienza del fatto che l’advocacy è una mission che i bibliotecari ma soprattutto i giovani bibliotecari sono chiamati a mettere in atto e a divulgare.