Intervista a Carlo Ghilli su BiblioPride 2012

di Sandra Di Majo

A conclusione dell’iniziativa svoltasi a Roma, presso la Biblioteca nazionale (Ottobre 2011) ci eravamo dati idealmente l’obiettivo che quella esperienza potesse segnare l’avvio di altre iniziative tutte rivolte a testimoniare la presenza delle biblioteche, la loro resistenza e vitalità a dispetto delle difficoltà; la volontà, da parte della professione, di rafforzare ed esprimere le sue capacità e potenzialità. Ci è sembrato perciò importante che, ad un anno di distanza, un anno molto laborioso per l’Associazione, in particolare nel campo dell’advocacy si sia potuta realizzare la prima “Giornata nazionale delle biblioteche e dell’orgoglio bibliotecario”. (Bibliopride, Napoli, 13 Ottobre, 2012).

A Carlo Ghilli che l’ha originariamente proposta, ci sembra giusto dare la prima parola per qualche commento e riflessione.

1. Dalla notte delle Biblioteche a Bibliopride: è cambiato qualcosa per le biblioteche e le attività culturali.? In positivo, in negativo?

Il peggio deve ancora arrivare, la crisi economica in atto colpirà duramente le biblioteche e le istituzioni culturali in genere. La notte delle biblioteche ha rappresentato un primo momento di mobilitazione a fronte del crescente degrado dei servizi bibliotecari statali e pubblici in genere; anche se l’iniziativa non è stata direttamente promossa dai bibliotecari è servita a darci la dimensione diversa da quella consueta nella nostra professione e ha dato visibilità al problema. Proprio per questo trovo estremamente positivo che AIB abbia promosso Bibliopride 2012 che ha rappresentato un momento di grande visibilità mediatica delle biblioteche.

2. A conclusione del Bibliopride svoltosi a Napoli il 13 ottobre scorso, Stefano Parise ha ricordato che l’iniziativa di celebrare una “Giornata nazionale delle biblioteche” è venuta dalla Toscana ed in particolare da te. Cosa ti ha suggerito quella proposta?

Sì, è vero Stefano Parise ha ricordato che io ho lanciato l’idea di una giornata delle biblioteche su AIB CUR. L’idea di Bibliopride nasce dalla convinzione che non possiamo stare con le mani in mano mentre il nostro lavoro viene vanificato, sciupato, distrutto. Per molti di noi lavorare in biblioteca è molto di più che un lavoro, è una passione, una gioia, è il lavoro che sognavamo e per il quale abbiamo faticato e fatichiamo ogni giorno. In particolare ero stato colpito, come tutto il Paese, dallo scempio della Biblioteca dei Girolamini di Napoli frutto dell’intollerabile sciovinismo di politici corrotti e criminali. Ebbene era stata la stampa, la protesta collettiva della cultura italiana a fermare i furti presso i Girolamini. Mi sono reso conto che di noi bibliotecari si parla pochissimo, che la stampa e i media difficilmente parlano delle biblioteche e che pertanto dovevamo fare qualcosa di clamoroso che rendesse giustizia al nostro lavoro. Non credo nei congressi e nei convegni che trovo noiosi, dispersivi e dispendiosi. Così ho pensato che sarebbe stata bella una giornata in cui tutte le biblioteche italiane potessero proporre ai cittadini le proprie attività e potenzialità, una giornata in cui i bibliotecari italiani potessero dimostrare ai cittadini la loro professionalità. Una festa gioiosa e colorata che fosse un grido di orgoglio della nostra professione e dei servizi che gestiamo con tanto amore e dedizione: un Bibliopride.

3. A chi vuol rivolgersi Bibliopride?

Bibliopride è per i cittadini, per le istituzioni, per i politici, per le persone che amano le biblioteche convinte che i servizi culturali siano fondamentali per la crescita complessiva e la “salvezza morale” del Paese. Ma anche e soprattutto, Bibliopride si rivolge ai cittadini che non conoscono le biblioteche e che magari, attratti da un grande evento, potrebbero trovare stimoli ad entrarci in contatto.

4. Quali sono, a tuo parere, attualmente i principali problemi delle biblioteche pubbliche?

Alla luce della mia esperienza e da bibliotecario di “provincia” e sulla base di quello che vedo e sento ormai da anni posso dire che i problemi sono molteplici e che non è possibile approfondirli in questa sede. Sembra ovvio e scontato dire che le biblioteche soffrono di scarsa considerazione nella società, di scarsa visibilità presso i media, e di una atavica auto-referenzialità dei bibliotecari, ma non lo è. Le biblioteche scolastiche praticamente non esistono e quando ci sono subiscono continui e intollerabili attacchi e disconoscimenti da parte della politica. Le biblioteche storiche e statali soffrono della insana miopia di apparati burocratici che hanno soffocato e che soffocano lo sviluppo se non il normale svolgimento dei servizi a favore del clientelismo che genera incuria, spreco di denaro e degrado, ma (magra consolazione) questo è un male comune dello Stato italiano. Abbiamo avuto ministri che hanno pubblicamente detto che con la cultura non si mangia, abbiamo avuto burocrati di alto livello che hanno nominato ladri di libri a direttori dei tesori bibliografici nazionali e abbiamo davanti agli occhi le condizioni cui versano le grandi biblioteche statali italiane, la loro decadenza strisciante e inesorabile Le biblioteche pubbliche italiane spesso soffrono, e quando soffrono è quasi sempre per l’endemica ignoranza di chi amministra la cosa pubblica ad ogni livello e grado. Naturalmente esistono le eccezioni positive, i grandi esempi, ma in un paese dove il 6% della popolazione è analfabeta e il 20% illetterata e dove nonostante ciò la scuola pubblica e l’università sono state sistematicamente smantellate, anche le biblioteche pubbliche inesorabilmente soffrono. Poi ci sono le nostre colpe, quelle di chi lavora in biblioteca ed è professionalmente non preparato, le nostre rigidità verso il cambiamento, le nostre difese retoriche di posizioni acquisite, il nostro parlarci addosso e riempirci la bocca di buoni propositi senza agire, il nostro sentirci ultima trincea della cultura e il nostro non uscire mai dalla trincea (scusate la metafora guerresca). E ancora c’è la nostra incapacità di fare “politica”, di fare lobby a difesa delle biblioteche che sono, non lo dimentichiamo, un grande servizio pubblico ma anche il nostro posto di lavoro.

5. E quali i punti di forza?

La biblioteca ha punti di forza nella sua capacità di parlare ai cittadini, di soddisfare i bisogni culturali e informativi che essi esprimono, di stabilire con loro un legame duraturo andando anche oltre la sua mission originale per rispondere con originalità e rapidità ai mutamenti introdotti dalle nuove tecnologie e dal sorgere di nuove esigenze.

6. Ampliare la partecipazione dei cittadini ed in generale delle Associazioni culturali alla progettazione dell’attività della biblioteca, può consentirle maggiore visibilità e considerazione da parte della comunità di riferimento?

Il rapporto con la società e la costruzione di alleanze con chi costituisce il tessuto sociale è fondamentale per un servizio come la biblioteca pubblica. Non è possibile creare un servizio se non in collaborazione con chi lo usa. L’idea “colonialista” della Biblioteca che porta la cultura al popolo ignorante tramite servizi chiavi in mano non funziona, in fin dei conti la Biblioteca pubblica non si allea con le associazioni culturali, ma vive perché essa è espressione strumentale della società e quindi anche dell’associazionismo culturale, così come lo è del singolo cittadino o della scuola e dell’associazione sportiva o del tessuto produttivo e del terziario. Come detto sopra, le nostre biblioteche non sono un servizio immobile nel tempo, ma un insieme di azioni che si modificano e adattano alle esigenze della società al fine di garantire sempre e comunque l’accesso democratico all’informazione e alla cultura.
La biblioteca pubblica guadagna in visibilità ogni volta che si fa riconoscere per quello che è; quando la biblioteca è riconosciuta come servizio allora essa è visibile.

7. Accentuare il ruolo sociale della biblioteca pubblica, particolarmente in un momento di trasformazioni e difficoltà quale l’attuale, è un obiettivo da condividere?

Ritengo che l’accesso alla conoscenza e alla cultura in tutte le sue forme e qualunque siano i suoi canali, ma soprattutto a quella scritta, sia un bisogno fondamentale dell’esistenza umana. Un diritto inalienabile di cui non possiamo essere privati. Le biblioteche pubbliche hanno fino ad ora garantito l’esercizio sociale di questo diritto.
Questo non è svolgere un ruolo sociale? Non so vedere un ruolo per la Biblioteca che non sia sociale.
In un momento di crisi economica e sociale non è pensabile una Biblioteca pubblica che non ponga l’accento soprattutto sugli aspetti sociali del suo servizio. Dobbiamo essere coscienti che quando le difficoltà economiche crescono, i servizi di base che come la biblioteca garantiscono a tutti la soddisfazione di necessità primarie assumono una importanza eccezionale.
Credo che la biblioteca sia di per sé un luogo sociale dove le persone usufruiscono di servizi standard, ma anche dove si incontrano, si conoscono, scambiano informazioni. La biblioteca pubblica è un punto di orientamento e di riferimento per la società. La biblioteca pubblica è da sempre 2.0.

8. Se sì, come raggiungerlo?

La biblioteca inizia a svolgere il proprio ruolo sociale quando è conosciuta e i cittadini sanno che esiste. La biblioteca è un luogo fisico di condivisione e fruizione della conoscenza, di trasmissione del sapere. Ma affinché la sua fisicità non rappresenti una barriera, un insormontabile ostacolo per chi non ha abitudine a servirsene, un luogo chiuso e scostante che genera soggezione, deve mettere in atto una forte contaminazione con le istanze che sorgono dalla società rendendosene interprete. Ciò significa aprire le sue porte alla città, ma anche uscire dai suoi limiti fisici e far conoscere i servizi e le opportunità che offre. Questo in particolare può realizzarsi con eventi che creino una alleanza tra la biblioteca e tutta la città senza esclusione alcuna. La biblioteca deve invadere gli spazi sociali con la propria offerta, pertanto usa gli strumenti del social network, offre occasioni di incontro e orienta alla conoscenza e quindi alla ricerca di soluzioni per problematiche di integrazione e esclusione sociale, funge da supporto per l’apprendimento continuo. La biblioteca può fare questo in virtù del plus valore dato dalla sua capacità informativa, bibliografica e di reference.

9. Cosa hai più apprezzato nell’edizione napoletana di Bibliopride?

Il fatto che sia stato realizzato. Il grande coraggio di AIB nazionale e Campania nel realizzarlo in poco tempo e con grande dignità.

10. E cosa non ti è piaciuto?

Che non ci fossero molti colleghi, che lo sforzo fatto non abbia ricevuto la dovuta riconoscenza da parte di noi stessi per primi.

11. Puoi darci un’idea di come vedresti il Bibliopride 2013?

Mi immagino un evento pubblico che raccolga tutto il meglio del nostro mondo e lo offra ai cittadini in una kermesse multiforme aperta e libera da convenzioni. Un momento in cui biblioteche, editori, librai, ditte che offrono servizi di biblioteca si ritrovano in un solo luogo per mostrare ai cittadini che cosa sono le biblioteche. Un evento che veda la partecipazione di tutte le biblioteche d’Italia in loco e presso le loro sedi; che porti in piazza la nostra professione e i nostri servizi e rompa le barriere fisiche e ideologiche che separano le biblioteche italiane dalla società civile.
Un evento che ci dia l’orgoglio del nostro lavoro e sia la dimostrazione del contributo che diamo alla vita civile e democratica del nostro paese.