di Anna Maria Tammaro
L’Open Access è legge anche in Italia (L.112/2013) e si è entrati in una fase nuova, in cui deve iniziare una collaborazione stretta tra tutti gli attori dell’editoria scientifica per costruire la Gold road all’Open Access. La CRUI ed in particolare il Sottogruppo Open Access, coordinato dal Prof. Roberto delle Donne ha iniziato una negoziazione con AIE insieme al CUN, per l’applicazione delle regole della Legge riguardo l’Open Access in partnership con gli editori e questo accordo porterà ad un grande cambiamento della comunicazione scientifica con un impatto prevedibile sulle biblioteche.
Il Seminario di Firenze, organizzato da AIB CNUR e AIB Sezione Toscana, ha discusso problematiche ed opportunità che si aprono agli Atenei italiani ed in particolare alle biblioteche delle Università per le infrastrutture e servizi di cui hanno bisogno ricercatori e docenti, nel duplice ruolo di creatori e lettori di pubblicazione digitali Open Access. L’incontro si inquadra nelle iniziative promosse da AIB CNUR per la disseminazione ed applicazione del Rapporto “Rilanciare le biblioteche universitarie”. Maria Cassella ha introdotto i diversi modelli di piattaforme per l’Open Access adottati in Europa, evidenziando le caratteristiche delle piattaforme nazionali, internazionali, locali e quelle tematiche. Tra le piattaforme presentate, Open Edition che offre accesso a contenuti aperti, riveste caratteristiche interessanti.
1. Open Edition: una piattaforma per l’Open Access
Open Edition è una piattaforma che comprende libri, periodici e blog insieme ad un calendario di eventi (OpenEdition Books, Revues.org, Hypothèses, Calenda) relativo alle discipline umanistiche e sociali.
Una prima valutazione della piattaforma è stata realizzata dalle Biblioteche universitarie di cinque Atenei (La Cattolica di Milano, L’Istituto Universitario Europeo, l’Università di Firenze, L’Università di Napoli, l’Università di Torino). La piattaforma Open Edition come risultato di questa prima valutazione – che è stata realizzata usando una metodologia comune – presenta complessivamente buoni elementi di qualità (evidenziati in rosso e blu), con miglioramenti che sono stati indicati (colore giallo) soprattutto per la personalizzazione sia dell’istituzione che del singolo utente. le statistiche e l’evidenza della peer review fatta per le pubblicazioni.
2. Come gli Atenei italiani si stanno adeguando all’Open Access?
Nel pomeriggio la Tavola rotonda, coordinata dal Prof. Roberto delle Donne, ha messo insieme oltre ad Open Edition, tre editori italiani (Michele Casalini, Lorenzo Armando, Giovanni Mari FUP insieme a Costantino Thanos dell’ISTI CNR e J.C. Peyssard (Open Edition). Il problema dell’aggregazione è stato discusso chiedendosi quale infrastruttura ora è necessaria e perché l’aggregazione sia necessaria. Gli editori hanno diversi punti di vista: i piccoli editori vedono nelle piattaforme Open Access una strategia di sopravvivenza, gli editori consolidati si stanno attrezzando ad aprire una loro piattaforma per l’Open Access o già l’hanno. Casalini ha annunciato che presto la loro piattaforma avrà anche un canale per l’Open Access.
Una riflessione da fare, oltre l’accesso, è tuttavia quella della cura dei dati e delle pubblicazioni digitali: nessuno o pochi come Magazzini digitali fa nulla sulla preservazione e cura delle pubblicazioni digitali Open Access. Un nuovo ruolo per le biblioteche?
Infine, un contributo interessante che è venuto dalla discussione è stato quello di Thanos che ha evidenziato che quello che è importante è capire perché le pubblicazioni scientifiche debbano essere in Open Access: la ragione sta nel facilitare la creazione di conoscenza, non nell’accesso gratuito!
Gli studiosi delle Università italiane preferiscono tuttavia mettere i loro lavori in Academia EDU: potremmo chiederci perché? Gli Atenei ed anche le biblioteche universitarie sono in ritardo sulla comprensione del problema di dare visibilità e pubblicare i risultati della ricerca. Nella discussione si è parlato di quello che manca e la lista è lunga: una politica della preservazione, dei centri di dati che curino gli Open Data, nuovi modelli di pubblicazione scientifica e, per quel che riguarda le biblioteche ed i bibliotecari, nuove competenze ed aggiornamento delle competenze professionali.
Ancora si frappongono molti ostacoli culturali, anche dove è stato ratificato un regolamento evoluto come a Torino, ci sono stati contrasti da parte dei docenti. E’ stato evidente il ruolo di promozione e formazione che devono avere i bibliotecari. In conclusione, si è discusso non solo di accesso ma di tutto il ciclo della creazione della pubblicazione digitale, evidenziando come vadano organizzate funzionalità come la preservazione e la gestione dei Linked Data. La cura dei dati sarà sempre più compito di Centri specializzati. Il nuovo contesto infine spinge a programmi di formazione e di aggiornamento che siano in grado di dare le giuste competenze al personale. Le conclusioni hanno sintetizzano la discussione, presentando tutto quello che dovrà essere fatto a partire dai concetti e elementi del ciclo editoriale da rivedere e hanno evidenziato che bisogna ripensare in modo innovativo il ruolo dell’utente che non è più solo un lettore passivo ma anche e soprattutto un creatore di pubblicazioni.