di Monica Armanetti
Martedì 16 settembre la sala Gestri della Biblioteca civica “C. V. Lodovici” di Carrara ha ospitato la presentazione del libro “La biblioteca che vorrei” di Antonella Agnoli (Bibliografica, 2014), organizzata dall’AIB, Associazione Italiana Biblioteche, Sezione Toscana, a cui hanno preso parte l’autrice, Antonella agnoli e Sandra Di Majo, presidente AIB Sezione Toscana. Un’interessante occasione di incontro e dialogo per i bibliotecari e gli operatori nelle biblioteche della provincia di Massa-Carrara, La Spezia e Forte dei Marmi. Tra i principali problemi riscontrati, quello più sentito riguarda l’inadeguatezza degli spazi che ospitano le biblioteche e la necessità di ripensare il ruolo della biblioteca nel tessuto sociale, nel rapporto con la comunità. Antonella Agnoli, dialogando con gli intervenuti, ha rilevato le potenzialità dello “strumento” biblioteca nei processi di inclusione sociale e di attivazione di nuove energie propositive nella comunità.
La biblioteca, come soggetto e centro propulsore di idee e servizi innovativi, ha la necessità, ora come non mai, di riflettere su stessa, sul proprio rapporto con i cittadini, porsi in posizione di “ascolto” per crescere, adeguarsi alle nuove esigenze, diventare “user friendly”. Riorganizzare gli scaffali non basta: occorre ampliare il “mercato dell’offerta” per attirare quei nuovi utenti, i non-lettori, quelli che vedono la biblioteca come il luogo del silenzio, dello studio, in cui possono entrare soltanto le persone “che sanno” e non adeguato per loro. Pensionati, casalinghe, immigrati, ecc. devono invece trovare in biblioteca uno spazio “democratico” in senso autentico, accogliente, confortevole, in cui sfogliare una rivista, ascoltare musica, vedere un film, utilizzare un computer, un luogo conviviale in cui trascorrere il tempo libero dialogando e frequentando magari un corso di cucito o di lingua. Moltiplicare lo spazio fisico della biblioteca diventa un’esigenza! proiettarsi verso l’esterno: la piazza, la panchina, le aree verdi potranno diventare i nuovi luoghi “fisici” della biblioteca, per catturare nuovi visitatori.
In questo processo evolutivo gli attori-protagonisti non sono più i bibliotecari ma i cittadini, il loro coinvolgimento attivo diventerà la chiave vincente per la sopravvivenza e la crescita. Ma se le problematiche legate alla inadeguatezza in molti casi degli edifici e alla difficoltà reale di apportare cambiamenti in tale direzione possono essere difficilmente superabili, non esistono “scuse” e non si può sfuggire davanti alla possibilità reale di cambiamento di atteggiamento da parte di chi opera come mediatore.
Il bibliotecario deve attivare nuove strategie che ripartano in prima istanza dall’ascolto: per troppo tempo forse l’attenzione si è focalizzata più sul pensare alla corretta sistemazione di volumi che ad ascoltare. Svuotare la cassetta degli attrezzi e ripartire da qui.
Rimettersi in gioco: questa è l’autentica sfida per la biblioteca che vorrà avere un futuro e proporsi come “pronto soccorso” culturale per la comunità locale, soprattutto di piccole realtà. Solo così ci si potrà riappropriare di un ruolo attivo e costituire un valore aggiunto anche per gli amministratori, spesso incapaci di cogliere il reale potenziale della biblioteca nella gestione del territorio. Spetta però a noi, bibliotecari, in prima istanza, attivare la reazione a catena.