Le nuove tecnologie rappresentano un fattore di forte discontinuità con il passato. Sfumano i confini tra i diversi strumenti che fino ad ora le biblioteche hanno utilizzato per avvicinare e sollecitare i propri fruitori, ma soprattutto, lanciano la sfida ad una riflessione approfondita sul ruolo del bibliotecario. Non più solo semplice archivista o depositario della memoria storica, ma vero e proprio “coach” dell’informazione. Da biblioteca a “learning commons”, ossia uno spazio comune per l’apprendimento capace di agevolare il potere del fare (incarnato nei movimenti maker) e rendere note le connessioni che si stabiliscono creando. Puntando su open source e open data, l’istituzione si fa più solida grazie alla rete delle alleanze e può affermare il suo essere fonte autorevole di informazioni sul patrimonio culturale e “spina dorsale” per lo sviluppo del web semantico.
I tradizionali modelli di biblioteca, la gestione dei rapporti con i professionisti dell’informazione, le pratiche di servizio chiedono infatti di essere ripensati in favore di nuove esperienze di apprendimento e di servizi innovativi che tengano conto della cultura partecipativa che anima la rete.
Non solo componente tecnologica ma e soprattutto la componente sociale per una dimensione 2.0. Semplici strumenti online hanno ormai consentito agli utenti di conoscersi, di imparare l’uno dall’altro, di collaborare e di condividere risorse, segnando la differenza in ciò che possono fare e ottenere grazie alla disseminazione aperta della conoscenza. Pertanto aiutare i soggetti che utilizzano la biblioteca a non limitarsi alla pura e semplice fruizione delle informazioni per indirizzarli invece verso una conoscenza collettiva, significa fare della biblioteca una vera infrastruttura conversativa che anima la rete alla ricerca di coesione sociale e promozione di nuove comunità di pratica. Inoltre, forme atipiche di contenuti, che al momento viaggiano nella rete tra wiki, blog, bacheche elettroniche, potrebbero trovare nella biblioteca strumenti di “governace” editoriale (selfpublishing), accreditamento e autorevolezza grazie alla professionalità e alle competenze del bibliotecario.
Senza adeguati investimenti in nuove tecnologie non ci può essere futuro certo per le biblioteche, di qualsiasi tipologia esse siano.