Il terzo Trend dell’IFLA Trend report, Ridefinizione dei confini della privacy e della protezione dati, tocca questioni divenute importanti nel contesto attuale del web “allargato”. Ogni giorno una mole sempre più ingente di dati viene immessa in rete ed è visibile da parte di tutti; il rischio di questa esposizione è rappresentato dalla facilità con cui queste informazioni possono essere intercettate e utilizzate per varie finalità (rilevamento a scopo commerciale o, addirittura, di controllo). Con i partecipanti al tavolo si è cercato di capire in che misura, e in quali forme, istituzioni culturali come le biblioteche siano interessate dal problema della privacy e con quali strumenti possano proteggere i dati dei propri utenti e cittadini. Tra le varie criticità nel trend IFLA si evidenzia come “una conoscenza dettagliata delle attività online dei singoli utenti”, da parte di alcuni soggetti, costituisca un fattore di calo di fiducia nei confronti del web, nonostante le potenzialità e le possibilità che la rete offre.
Dobbiamo, innanzitutto, chiederci come il trend influisca sul ruolo e i servizi delle biblioteche. Nel pomeriggio fiorentino è emerso che le biblioteche potrebbero educare i propri utenti cittadini a un uso accorto e consapevole della rete e dei suoi strumenti (posta elettronica, social media, blog, messaggistica istantanea, ecc.). Se è vero che le biblioteche devono avere, nell’ambito dell’information literacy o “alfabetizzazione informativa”, una precisa responsabilità nei confronti dei cittadini, a partire da quando sono bambini e poi per tutto l’arco della vita, è proprio nel mondo online che questa mediazione diventa ancor più necessaria. Le biblioteche dovrebbero cercare, quindi, di entrare da esperti nel mondo dell’informazione, accompagnando i cittadini in un percorso di presa di coscienza circa le eventuali violazioni della privacy (per esempio, invitandoli a leggere con attenzione le licenze d’uso dei social media). Il trend IFLA si riflette, dunque, direttamente sulle biblioteche; come noto, ormai la maggior parte delle istituzioni culturali utilizza la rete e i social media per raggiungere in maniera più diretta i cittadini, soprattutto coloro che non si recano fisicamente nelle strutture ma frequentano invece, magari assiduamente, gli spazi online (pagine web, blog, forum, pagine Facebook e profili Twitter delle biblioteche).
In tale contesto, occorre domandarsi quali priorità le biblioteche debbano scegliere per il proprio futuro. L’istruzione ai cittadini utenti per un utilizzo consapevole della rete, da una parte, e una reale e costante presenza della biblioteca nel web sono entrambe priorità nell’era attuale e richiedono entrambe tempo e energie. Al tavolo si è discusso in particolare sul secondo aspetto; affinché la biblioteca diventi realmente “social” occorre una seria pianificazione di tempi e forze disponibili. Forse non è ancora assodato che, se la realizzazione di una pagina Facebook istituzionale comporta poco sforzo, il suo arricchimento e mantenimento necessitano invece di un’azione costante. Anche nell’ambito di questa attività bisogna, naturalmente, prestare attenzione ai rischi derivanti dalla circolazione nel “mare magnum” di Internet dei dati personali dell’istituzione e dei suoi utenti.
Probabilmente nelle biblioteche italiane (ma anche negli archivi, musei e centri culturali), non si è ancora raggiunta la piena consapevolezza delle potenzialità offerte dalla presenza in rete: creare una rete/comunità ampia, realizzare una conoscenza condivisa, sottolineare il ruolo della biblioteca come strumento di conoscenza, questi alcuni spunti offerti dai partecipanti al tavolo. Nello stesso tempo, è utile che i professionisti dell’informazione pongano la dovuta attenzione ai problemi di violazione di privacy cui si può rischiare di andare incontro a causa di un utilizzo incauto degli strumenti online, tenendo comunque presente che, come scriveva anni fa Maria Cassella, “Privacy e copyright sono effettivamente due concetti che si stanno evolvendo molto velocemente nel contesto del web sociale”