intestazione di vedianche


Vedianche - Notiziario della Sezione Ligure dell'Associazione Italiana Biblioteche
Numero 1 Vol. 23 Anno 2013 ISSN 2281-0617

Perché la Digital literacy non è solo banda larga e computer nuovi in biblioteca.
Alcuni spunti su un report ALA del 2013

Laura Testoni

Obiettivo di questo beve contributo è riassumere e commentare, aggiungendo alcune considerazioni generali legate allo scenario italiano, il report sulla Digital literacy pubblicato [1] a gennaio 2013 dall'ALA, l'Associazione dei bibliotecari americani.

Il documento ha per titolo Digital literacy, libraries and public policy: allude quindi non solo al mondo delle biblioteche ma alla sfera delle politiche pubbliche, cioè delle azioni necessarie per realizzare e dare impulso alla Digital literacy.
Per contestualizzare il documento è bene aggiungere che è stato redatto dalla "task force" sulla Digital literacy in seno allOITP (l'Ufficio per la politica delle tecnologie dell'informazione), una sezione dell'ALA dedita a presidiare l'impatto delle ICT emergenti nelle biblioteche.

Digital literacy non è un termine nuovo: viene infatti introdotto da Paul Gilster nel 1997 [2] come l'abilità di comprendere e usare l'informazione da una varietà di fonti digitali, ed è la presa d'atto che le fonti informative hanno una pluralità di formati e di supporti, anche elettronici. Questo per noi, oggi, è una banalità assoluta; ma tale non era nel 1997 quando l'inesorabile convergenza al digitale non era ancora un fatto compiuto, ma analogico e digitale convivevano in modalità del tutto sincretiche (e il digitale era un'eccezione alla regola).

La Digital literacy è una abilità che richiede competenze tecniche e cognitive, e consiste nell'usare le tecnologie dell'informazione e della comunicazione per trovare, comprendere, valutare, creare e comunicare informazione digitale.
In questa definizione breve sono inclusi tuttavia aspetti più complessi: la Digital literacy va infatti oltre il search and retrieve per sottolineare altri elementi, quali "usare le tecnologie appropriate per collaborare con i pari, i colleghi, i familiari e occasionalmente con il grande pubblico, e partecipare attivamente nella società civile (civic society) contribuendo ad una comunità vibrante, informata ed impegnata". Vale la pena sottolineare che le capacità di "collaborare, occasionalmente con il grande pubblico" e "partecipare" sono quanto mai necessarie in un contesto, come l'attuale, in cui i media sociali costituiscono veri e propri spazi di comunicazione professionale, non più limitati al loisir.

Il documento focalizza un aspetto che ci sembra importante: se come appare evidente la sfera pubblica si è dilatata, spostandosi nella rete e nelle piattaforme sociali di produzione di contenuti (social networks) essere digital literate significa anche essere in grado di partecipare in modo competente e informato a questa sfera pubblica, alle conversazioni che la attraversano, conoscerne grammatica, sintassi, regole del gioco, e possibilmente usare le buone maniere.

Alla base di tutto c'è naturalmente la tradizionale literacy: essere in grado di comprendere e redigere un testo.
Questo non è banale, se consideriamo che, secondo quanto dimostrato da una recente ricerca Ocde [3], solo il 20% degli italiani è in grado di superare un test di prose literacy, comprensione di testo. Ma c'è anche una consapevolezza importante, che la diffusione della banda larga (cioè dell'infrastruttura tecnologica) non è tutto, perché a essa va affiancata un'altra infrastruttura, che è quella costituita dalle diverse agenzie educative. Tra esse ci sono le biblioteche, che negli Stati uniti letteralmente "innervano" il territorio, e sono considerate un insieme unitario, una rete vera [4] a prescindere dalla loro utenza di riferimento (biblioteche scolastiche, di College, accademiche, pubbliche). Le biblioteche, nelle loro differenze strutturali, fanno parte dell'infrastruttura che facilita l'acquisizione di competenze e saperi che sono alla base della Digital literacy.

Perché la digital literacy quindi?
Quello che è in gioco è il divario digitale: più dell'80% delle grandi aziende, sottolinea il report, pubblicano offerte di lavoro online, e richiedono candidature online; più del 50% dei lavori sul mercato richiedono qualche competenza tecnologica (e saranno il 70% tra dieci anni); la pubblica amministrazione a tutti i livelli ha migrato parte dei propri servizi online e dialoga con i cittadini attraverso Internet. Il rischio è quindi che il divario digitale si trasformi in esclusione sociale ed economica, tanto è vero che, secondo il report, gli anziani, le persone a basso reddito, coloro che non parlano inglese [5], che hanno una istruzione minima sono anche coloro che non dispongono di connessione Internet domestica e non sono in grado di utilizzare agevolmente i servizi online.

Ma comprare computer per le scuole e le biblioteche non è tutto, se non c'è un progetto educativo centrato sulla Digital literacy. Il governo degli Stati uniti ha lanciato nel 2011 il sito DigitalLiteracy.gov, un portale ricco di documentazione e materiali didattici, invitando l'ALA a collaborare integrandone i contenuti. La sfida della Digital literacy non consiste solo, come indicato sopra, nel combattere il divario digitale e l'esclusione sociale ma anche nel creare una forza lavoro competitiva in un mercato sempre più globale: i lavori del 21° secolo richiedono competenze specifiche che possono essere capitalizzate dalle biblioteche per supportare gli utenti ad acquisirle, ed in effetti negli Stati uniti il Department of labor nel 2010 ha riconosciuto l'attività delle biblioteche civiche nel supportare gli utenti nella ricerca attiva di lavoro, in partenariato con agenzie governative specifiche.

Il report entra nel dettaglio specificando quale è il ruolo delle diverse tipologie di biblioteche nel supportare la Digital literacy: quello che mi pare possa essere trattenuto è che le differenti tipologie di biblioteca rappresentano un continuum nello sviluppo dei curricula delle persone, ed ognuna di esse contribuisce, a seconda dell'utenza di riferimento, a sviluppare le sensibilità le competenze e gli skill necessari per prendere parte all'informazione nell'epoca della convergenza al digitale dei contenuti.

Non sfugge come la Digital literacy sia estremamente importante anche in Italia: una maggiore consapevolezza critica nell'uso dei media digitali è lo strumento attraverso il quale possono essere, se non sconfitte, almeno contenute le pulsioni qua e là emergenti verso una irreggimentazione e controllo dei media sociali, che non vanno percepiti, a parere di scrive, come una "jungla senza regole", ma come uno degli spazi pubblici in cui occorre apprendere ad esprimersi in modo proprio, etico e consapevole.

NOTE

[1] http://connect.ala.org/node/199294. Abbiamo commentato le bozze di questo documento, pubblicate a settembre 2012 nel blog RefKit http://refkit.wordpress.com/2012/10/07/digital-literacy-e- biblioteche/ utilizzando altre argomentazioni
[2] Paul Gilster, 1997. Digital literacy. New York: Wiley
[3] Il documento OCDE che fa riferimento a questo test è molto complesso, e parte da questo modello: OECD, Statistics Canada (2011), Literacy for life: further results from the adult literacy and life skills survey, OECD Publishing http://dx.doi.org/9789264091269-en. Esso viene illustrato da Simonetta Fiori su Repubblica del 29 marzo 2013 "I nuovi analfabeti", Repubblica 29/03/3013 http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/03/29/nuovi-analfabeti.html
[4] Ecco qualche numero tratto dal report che stiamo riassumendo (p.3) 99.000 biblioteche scolastiche, 3.800 biblioteche universitarie e di College, 17.000 biblioteche pubbliche
[5] Il documento fa riferimento agli ispanici che rappresentano negli Stati uniti una considerevole fetta di popolazione di solito socialmente sfavorita