Vedianche
- Notiziario della Sezione Ligure dell'Associazione Italiana
Biblioteche
Numero 2 Vol. 23 Anno 2013 ISSN 2281-0617
La sezione di medicina naturale nella Biblioteca
Provinciale dei Cappuccini di Genova
Valentina
Galante
Botanica, agronomia,
farmacologia, erboristeria, dietetica. Guardando queste scienze con gli
occhi di un uomo del XXI secolo, istintivamente ci si chiederebbe quale
sia il nesso che le lega, quale sia il comune denominatore di queste
discipline che oggi sembrano aver intrapreso strade molto diverse l'una
dall'altra.
Tuttavia, se tornassimo indietro nel tempo, anche solo di tre secoli,
l'accostamento di queste cinque scienze non ci parrebbe poi
così strano. Fino ai primi decenni dell'Ottocento, infatti,
queste artes
sono state tutte "sorelle" e non era quindi assolutamente inusuale per
un lettore dell'epoca imbattersi, ad esempio all'interno di un'opera di
agricoltura, in ricette mediche e consigli dietetici.
Questa poliedricità tematica si rispecchia anche nella
sezione, più genericamente denominata di Medicina Naturale,
conservata presso la Biblioteca Provinciale dei Cappuccini di Genova
(sede di Santa Caterina di Portoria) e divenuta oggetto del mio studio.
Sullo stesso scaffale, infatti, convivono, uno accanto all'altro,
ricettari medici, opere di botanica, trattati di agronomia, manuali
pratici per farmacisti, veri e propri horti sicci. La
presenza, all'interno della biblioteca, di questo nucleo di testi non
deve assolutamente stupire: la Storia ci insegna che l'Ordine
Francescano è sempre stato propenso alla cura dei bisognosi,
non solo dal punto di vista spirituale, ma anche e soprattutto da
quello medico-assistenziale, operando, fin dalla nascita dell'Ordine,
in molteplici ospedali italiani, da Roma a Napoli a Palermo. Nelle zone
genovesi, poi, solerzia e operosità hanno da sempre
caratterizzato l'attività dei nostri frati farmacisti: oltre
alla conduzione delle infermerie presso i diversi conventi, furono date
loro in gestione, per due secoli, le spezierie delle più
importanti strutture ospedaliere della regione, l'Ospedale di Pammatone
e l'Ospedale degli Incurabili. E proprio di questa loro longeva e
diligente attività rimangono oggi due notevoli
testimonianze: un Ricettario manoscritto, datato 1787, e un imponente e
meraviglioso erbario, Flora Medica, in quattro volumi, conservati
presso l'Ospedale di San Martino (Genova) [1].
Più che giustificata, pertanto, la presenza di questa
sezione di Medicina Naturale che, allo stato attuale, non è
particolarmente cospicua, constando di appena diciotto esemplari (un
manoscritto, sei cinquecentine, due seicentine, cinque edizioni del
Settecento e quattro dell'Ottocento). È, infatti, in corso -
e lo sarà ancora per molti mesi - il trasloco del patrimonio
librario dalle biblioteche conventuali, dislocate nell'intero
territorio ligure, verso le sedi principali: è altamente
probabile che emergano, in un futuro speriamo non troppo lontano,
ulteriori testi pronti ad incrementare la suddetta sezione,
già ricca di opere considerate dei capisaldi della
letteratura medico-farmaceutica - basti solo citare I Discorsi di Pietro
Andrea Mattioli, Flora
Italica di Antonio Bertoloni o Istoria Botanica di
Giacomo Zanoni.
Il mio lavoro ha innanzitutto cercato di dare un iniziale "ordine"
proprio a questi testi all'apparenza così disordinati,
elaborando un catalogo, articolato in sette aree descrittive
(intestazione, trascrizione quasi-facsimilare del frontespizio,
descrizione, repertori utilizzati, note di provenienza, stato di
conservazione, legatura) che concernono tanto il livello dell'edizione quanto il
livello dell'esemplare
posseduto dalla biblioteca. Ogni esemplare, inoltre, è stato
approfonditamente "esplorato" e fotografato, focalizzando l'attenzione
in particolar modo sulle note di provenienza, intese nel senso
più ampio del termine, ovvero timbri, segni d'uso, note di
possesso manoscritte: insomma, qualsiasi traccia lasciata dalla mano
dell'uomo.
Il primo obiettivo di questo lavoro, infatti, è stato quello
di capire se i frati cappuccini abbiano realmente letto questi testi.
Si tratta di opere effettivamente consultate o solo di un mero deposito
di libri? C'è qualche lettore che vi ha studiato e ne ha
tratto insegnamento? La risposta, al termine della ricerca,
è risultata positiva. Quasi i due terzi dell'intera sezione
sono vergati dalla mano di lettori, che hanno lasciato innumerevoli
tracce del loro passaggio: dalle semplici sottolineature alle croci
poste accanto al paragrafo che si è voluto mettere in
evidenza, dai rimandi a precise pagine e tavole alle raffinate maniculae.
Manicula
Sono tutte tracce che testimoniano la frenetica attività di
svariati lettori, che in tempi diversi hanno letto e fatto tesoro delle
informazioni contenute in questi libri. Tuttavia, se da una parte
è possibile confermare che questi testi furono consultati e
ampiamente utilizzati, è anche vero che il pubblico di
lettori-studiosi non è certo lo stesso di quello di una
Bibbia o di un libro devozionale. Questi testi, in virtù dei
temi trattati, non erano certamente alla portata di tutti,
né potevano suscitare l'interesse dell'intera confraternita.
Non si tratta di testi sacri, letti ogni giorno dalla
totalità dei frati, nei momenti di riflessione privata o in
quelli di preghiera collettiva, ma di testi scientifici: questo implica
un pubblico qualitativamente e quantitativamente molto ridotto. Un
pubblico, cioè, che si riduce a un insieme di lettori la cui
vita è in qualche modo legata - più o meno
direttamente - al mondo della Medicina. Non a caso, le note di possesso
che ci sono pervenute sono state vergate da frate Enrico da Voltaggio,
medico e farmacista; padre Damaso da Celle Ligure, cappellano presso
l'Ospedale di San Martino; padre Vincenzo Celesia da Gazzo, autore di
Selva Botanica, opera manoscritta - conservata nella biblioteca e
analizzata nel catalogo - di eccezionale valore, tanto da aver
procurato al suo autore una medaglia e diversi encomi in occasione
dell'Esposizione Botanica di Genova, che si tenne nel lontano 1892.
Anche i (pochi) timbri di possesso scoperti tra le pagine degli
esemplari hanno un legame più o meno implicito col mondo
medico-farmaceutico: in
Flora Veronensis, opera di Ciro Pollini, il timbro
proviene dal convento cappuccino di Varazze, dove fino al 1872 veniva
coltivato un orto botanico; il Manuale
pratico di medicina, chirurgia e farmacia, del gesuita
Pietro Antonacci, reca il timbro dell'Infermeria dei Cappuccini di
Genova; sul Libro della
natura et virtù delle cose che nutriscono, di
Michele Savonarola, il timbro è quello del convento
cappuccino di Pieve di Teco, situato nei pressi dell'Ospedale di San
Lazzaro, cosa che potrebbe giustificare la presenza di questo testo
all'interno della biblioteca. Sono, in conclusione, tutti sintomi di un
pubblico altamente specializzato e, di conseguenza, quantitativamente
piuttosto esiguo.
Il secondo obiettivo di questo lavoro è stato quello di
impostare i preliminari di ricerca per una valutazione del livello di
"qualità bibliografica" della raccolta. I frati si tenevano
aggiornati con le innovazioni che colpivano anche questa branca della
Medicina o, al contrario, erano più inclini a un certo
conservatorismo, mantenendo come punti di riferimento i capisaldi dell'ars farmaceutica,
per quanto obsoleti e superati? Per risolvere tale quesito, ho adottato
il metodo elaborato da Alfredo Serrai [2]. Tale metodo si basa sul
principio per cui «più folto risulterà
l'insieme delle prime edizioni rispetto a quello comprendente le
edizioni successive, più alto sarà ritenuto il
livello bibliografico e culturalmente qualitativo di una singola
biblioteca»[3], a patto, ovviamente, che anno di prima
edizione e anno d'ingresso in biblioteca dell'esemplare coincidano.
Immaginiamo, più semplicemente, di dover compilare una
tabella a tre colonne: nella prima riporteremo l'anno di prima
pubblicazione dell'opera, nella seconda l'anno di pubblicazione
dell'edizione posseduta dalla biblioteca, nella terza l'anno d'ingresso
dell'esemplare. Se la data riportata nelle colonne coincide in tutti e
tre i casi, sarà evidente l'interesse per la materia: la
biblioteca, cioè, dimostrerà di volersi tenere
aggiornata coi "tempi", di aver prontamente "captato" le innovazioni
appena immesse sul mercato, di voler mettere a disposizione del proprio
pubblico le letture scientificamente più avanzate, prima che
diventino obsolete. Al contrario, se le tre date della tabella si
discostassero di molto - in particolar modo la terza dalle prime due -
la qualità bibliografica e culturale della raccolta si
abbasserebbe: un'opera pubblicata in un determinato anno, se acquistata
anche solo cinquant'anni dopo, risulterà ormai superata, e
non potrà certamente offrire al pubblico di lettori
informazioni scientificamente all'avanguardia. Nel nostro specifico
caso, su 18 esemplari, 8 sono prime edizioni: un numero non
esageratamente alto, ma neanche poi così troppo basso e
potrebbe indurci a identificare un livello "medio" di
qualità bibliografica. Purtroppo, però, nella
compilazione della famosa tabella, si è rivelato impossibile
completare la terza colonna, quella cioè relativa l'anno
d'ingresso dell'esemplare nella biblioteca: fatta eccezione per un
esemplare, donato nel 1633 - da quanto si evince da una nota
manoscritta posta sul frontespizio -, nulla ci è dato sapere
relativamente gli altri 17 esemplari. La biblioteca, infatti, non
possiede quei registri d'ingresso che sarebbero stati ottimi strumenti
attraverso cui risalire all'anno in cui l'esemplare è
divenuto patrimonio librario della biblioteca. Allo stato attuale della
ricerca, quindi, in mancanza dei registri d'ingresso o di note
manoscritte che ci forniscano qualche indizio, la nostra tabella rimane
incompleta e l'obiettivo non raggiunto.
L'impossibilità di risolvere il quesito, però,
non deve scoraggiare il futuro studioso. Questo lavoro, infatti,
prestandosi a diversi sviluppi futuri, è solo l'inizio di un
percorso molto più lungo. Innanzitutto, una volta terminato
lo spostamento del materiale librario proveniente dalle biblioteche
conventuali, sarà necessario completare il catalogo con gli
ulteriori esemplari, che getteranno nuova luce sulle dinamiche di
lettura e di studio di questi testi. E nulla vieta che nel corso dei
traslochi emergano anche i famosi registri d'ingresso, compilati dai
frati bibliotecari dei vari conventi, il che potrebbe condurre il
futuro studioso a risolvere il quesito rimasto, in questa sede, privo
di risposta.
NOTE
[1] L'Italia francescana,
a. 10 (1935), fasc. 1; Carpaneto Cassiano (O.F.M.), Farmacisti... Cerusici...
Dentisti, I libretti del Museo di Vita Cappuccina, n. 2,
Genova, 1990
[2] Nuovo Angela (a cura di), Biblioteche
private in età moderna e contemporanea: atti del Convegno
internazionale, Udine, 18-20 ottobre 2004, Milano,
SylvestreBonnard, 2005
[3] Nuovo Angela (a cura di), Biblioteche
private in età moderna e contemporanea…op.
cit., p. 16