Vedianche
- Notiziario della Sezione Ligure dell'Associazione Italiana
Biblioteche
Numero 2 Vol. 23 Anno 2013 ISSN 2281-0617
Anna Giulia Cavagna, La biblioteca di Alfonso II Del
Carretto marchese di Finale. Libri tra Vienna e la Liguria nel XVI
secolo, Finale Ligure, Centro Storico del Finale, 2012, 429 p.: ill.
(Fonti, memorie e studi del Centro Storico del Finale; 2), ISBN
978-88-901669-2-1
Recensione
di Oriana Cartaregia
L'analisi condotta nel corposo
e documentato volume curato da Anna Giulia Cavagna parte e dipana dalla
Nota de varij libri
della libreria de Marchesi di Finale. Manoscritta,
documento, rinvenuto presso l'Archivio Doria Pamphilj di Roma, che
presenta caratteristiche originali. Più che di un
inventario/nota si tratta di un vero e proprio catalogo di libri, ma
anche di oggetti artistici e curiosi, "in itinere", sia
perché registra varie spedizioni dei medesimi da Vienna al
Castello di Carcare affinché confluissero poi nel Palazzo
Gavone di Finale Ligure, dimora marchionale di Alfonso II Marchese del
Finale (1525-1583), sia perché in esso sono segnalati anche
volumi fatti acquistare durante il lungo viaggio, imprestati, presi in
prestito e scambiati.
Il catalogo, redatto nel corso dei quindici anni d'esilio di Alfonso
presso la corte di Vienna (1564-1583) e destinato molto probabilmente
alla pubblicazione a stampa, come quel "manoscritta" aggiunto al titolo
lascia intuire e come note e cura formale delle registrazioni
bibliografiche attestano, è l'unico testimone della
biblioteca dei Marchesi di Finale, andata completamente dispersa;
raccolta di dimensioni notevoli per l'epoca: 1083 registrazioni in
maggioranza di edizioni a stampa, pochi i manoscritti elencati.
Cavagna, con convincenti argomentazioni e, soprattutto, attraverso
l'analisi critica della Nota,
rivela l'ambizioso progetto di costruzione identitaria che Alfonso II
Del Carretto perseguì utilizzando come strumenti libri e
biblioteca.
Cacciato dal suo territorio per gli intrighi di genovesi e spagnoli che
direttamente, fomentando rivolte e conseguenti interventi armati, e
indirettamente, infangando e sminuendo la figura del marchese, miravano
al predominio sul finalese, Alfonso trova rifugio presso la corte di
Vienna, dalla quale spera venga riconosciuto il torto subito e
appoggiato il sogno di riconquista. Allo scopo, si prodiga da un lato a
conquistarne i favori prestando servizio nell'esercito imperiale, e
dall'altro ricostruendo, nel corso degli anni, una memoria dinastica
famigliare che egli sostiene risalire alla casata dei duchi ascanidi di
Sassonia, lo stemma della quale campeggia, non a caso, nell'arma
carrettesca da lui stesso ridisegnata.
Il capillare disegno propagandistico, tutto proteso a rivendicare
l'alto e prestigioso lignaggio e le parentele con le corti del nord
Europa, viene veicolato attraverso dediche, apparati paratestuali in
opere a stampa, ma anche tramite una sapiente costruzione della propria
immagine dinastica: ritratti, imprese e progetti iconografici che
Cavagna rintraccia con acribia in istituti museali europei. Grazie alla
cura di una rete di rapporti con autori di opere storico-greografiche
(Francesco Sansovino, Natale Conti, Giovan Carlo Saraceni, ecc.) e
l'affiliazione all'Accademia pavese degli Affidati, il segretario della
quale fu quel Luca Contile autore del Ragionamento ...sopra la
proprietà delle imprese... (In Pavia, appresso
Girolamo Bartoli, 1574) ove Alfonso fece pubblicare una sua
personalissima impresa, alimenta la memoria gloriosa del proprio casato
perpetuandone le gesta.
Ma è soprattutto attraverso l'istituzione della biblioteca,
ove fa coincidere interessi e aspirazioni personali con quelle del
Marchesato del Finale, che egli tenta di compiere il progetto di
riconquista. Come mirabilmente l'Autrice sintetizza, la biblioteca
è per Alfonso «una strategia retorica con cui
negoziare il suo posto, il suo rango nel mondo: come la scrittura, la
biblioteca è finalizzata, almeno in parte, alla
rappresentazione di sé, è un oggetto
identitario» (p. 392).
Medesimo destino, reale e simbolico, avranno sia i libri, gli oggetti
curiosi e le opere d'arte inviate per costruire l'identità
culturale del territorio, sia il sogno politico di riconquista:
dispersi i primi e vanificato il secondo, poiché le
rivendicazioni sul territorio del Finale non furono, Alfonso in vita,
riconosciute. Insomma il tentativo carrettesco «di dominare
simbolicamente la realtà; di manifestare potere; di
manifestarlo e raffigurarlo» (p. 61) dal suo esilio viennese,
fallisce.
Quella che Cavagna racconta in questo volume, elegantemente sobrio
nella veste grafica, è una storia avvincente che, per
ammissione dell'autrice già nell'introduzione, rivolge
scarsa attenzione al documento materiale elencato nella Nota: non si
preoccupa in questa fase, come la numerosa storiografia corrente sulle
biblioteche private ci ha abituati, di inseguire lo spessore culturale
della raccolta tramite l'analisi e la comparazione delle opere ivi
contenute, né di determinare il valore del complesso
librario e del suo proprietario nel contesto storico. In questo primo
studio la rivalutazione della figura di Alfonso II Del Carretto avviene
attraverso la puntigliosa analisi della Nota stessa, dei suoi caratteri
formali e dei suoi "lacerti narrativi". Abbiamo date di spedizione,
luoghi di partenza, tappe intermedie e mete d'arrivo; preziose
informazioni sulla cerchia delle persone alle quali il marchese si
rivolge per acquisto, trasporto e accoglienza di volumi e oggetti:
tutte notizie percorse dall'autrice, analizzate, cercate e indagate in
un viaggio, a sua volta, attraverso istituzioni culturali, biblioteche
e archivi europei. L'intensità e il rigore della ricerca
hanno permesso il ritrovamento di documenti che comprovano quella rete
di rapporti che il marchese intrattenne e mise in piedi per realizzare
questo sogno di biblioteca.
Lo studio è strutturato in sei parti, con un'introduzione
che ne inquadra metodologia e contesto teoretico. Il primo capitolo
è dedicato all'analisi grafica, ortografica, paleografica e
compositiva della Nota; la figura di Alfonso II e la tessitura delle
sue probabili o dimostrate relazioni sono argomento della seconda
parte; nella terza sezione vengono comprovate qualità e
affidabilità delle descrizioni bibliografiche, dense di
elementi para e peritestuali (indicazione di dediche, rilievo della
legatura, ecc.); alla trascrizione integrale, con il reperimento di
almeno un esemplare delle edizioni elencate, è dedicato il
quarto capitolo; la quinta parte tira le fila di tutto il lavoro e ne
traccia i percorsi futuri; quattro indici dettagliati concludono il
volume, che è anche corredato da un buon apparato
iconografico.
Le descrizioni bibliografiche alfonsiane (anche se va detto che nella
Nota raramente si ritrovano interventi autografi del marchese) appaiono
così inaspettatamente dettagliate e complete che
l'operazione di trascrizione e comparazione delle medesime con quanto
oggi si rintraccia online attraverso gli opac nazionali e
internazionali rinfocola l'eterna polemica sull' odierna
approssimazione nella catalogazione del libro antico. In effetti, la
pressoché totale assenza di descrizioni para e peritestuali
impedisce, nel caso specifico, non solo di rintracciare esemplari
superstiti della raccolta, ma anche di individuare agevolmente, ad
esempio, alcune delle edizioni di opere d'occasione che erano stampate
a sé stanti o, più spesso, correlate ad altre di
medesimo argomento.
Le informazioni e le riflessioni che il volume ispira sono, come si
è qui tentato sinteticamente di illustrare, innumerevoli e
sicuramente, per ammissione dell'autrice stessa, non conclusive.
Nell'attesa del promesso secondo studio dedicato alla biblioteca di
Alfonso II Del Carretto non possiamo, da liguri, tacere che questa
opera di Cavagna, destinata ad aggiungere un importante tassello
metodologico agli studi sulle biblioteche private, è
pubblicata nella collana Fonti,
memorie e studi del Centro storico del Finale che con
questa ambiziosa operazione editoriale ha manifestato un benemerito
coraggio.
Non possiamo nemmeno esimerci dal constatare che per il XVI secolo, nel
panorama di quanto attualmente conosciuto riguardo al patrimonio
bibliografico ligure sia privato che pubblico, la biblioteca
carrettesca, ancorché dispersa, assume un ruolo di assoluta
preminenza non solo in termini quantitativi ma, soprattutto, per
l'orizzonte assolutamente europeo, che rappresenta. Ci pare inoltre che
il destino di Alfonso e della sua biblioteca, osteggiato l'uno e
perduta la seconda, assurgano a paradigma di una cultura ligure troppo
spesso matrigna con le aspirazioni cosmopolite di molti dei suoi
rappresentanti.