intestazione di vedianche


Vedianche - Notiziario della Sezione Ligure dell'Associazione Italiana Biblioteche
Numero 2 Vol. 23 Anno 2013 ISSN 2281-0617

Si può fare! Note sull’esperienza di collaborazione tra la Biblioteca Civica Berio e le Case Circondariali di Genova

Emanuele Canepa

Scriveva A.M. sul numero del dicembre 2012 di "Area di servizio", trimestrale redatto dai detenuti del carcere di Marassi: "Lavoro come bibliotecario presso la Casa Circondariale di Marassi da un mese; pur essendo ristretto in questo carcere da cinque anni, non ero mai entrato in biblioteca prima di allora. Al suo interno si trovano conservati circa novemila volumi: narrativa, storia, psicologia, filosofia, poesia e materie scientifiche. Vi sono anche libri in lingue diverse dall'italiano. Purtroppo mancano libri in rumeno o arabo. La biblioteca è molto accogliente: vi sono due stanze, non grandi e comunicanti, interamente occupate da scaffali, un antibagno e un bagno. Grazie al servizio della biblioteca interna ed esterna si offre un servizio indispensabile a molti detenuti: la possibilità di evadere attraverso la lettura, che è un nutrimento per l'essere umano e rende più sopportabile la carcerazione. Attraverso la lettura si combatte la noia e la ripetitività della vita quotidiana inflitta dal carcere. Come bibliotecario sono fiero di poter offrire dei piccoli, sani paradisi artificiali".

L'attività di collaborazione tra la Biblioteca Civica Berio e gli Istituti penitenziari di Genova - e, solo per alcune attività, di tutta la Liguria - iniziò nel 2007. In quegli anni, l'attenzione alla situazione carceraria del nostro paese non era, com'è oggi, sotto i riflettori dei media. Pochi se ne occupavano, fingendo di ignorare che il sistema carcerario è uno dei misuratori del livello di civiltà di un Paese, e che la rieducazione degli autori di reati è, comunque la si voglia attuare, una delle problematiche ineludibili di ogni società moderna, uno degli ambiti inevitabilmente complessi sul quale il cittadino deve riflettere per proporre soluzioni ragionevoli ed efficaci. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano stigmatizzava duramente, già allora, in interventi pubblici e pubblicazioni, lo stato deprecabile del "pianeta carcere", e l'Unione Europea sanzionava ripetutamente l'Italia per la vergognosa situazione delle condizioni di vita dei detenuti, degradanti, inefficaci e paradossalmente costose.

Chi lavorava nelle biblioteche aveva, per operare in questo ambito, guide ben chiare: il Manifesto UNESCO e le altre linee guida sia IFLA sia nazionali. Tali indicazioni considerano le persone ristrette nelle carceri utenza da raggiungere al pari di altri cittadini, e le biblioteche carcerarie come facenti parte della rete delle biblioteche pubbliche del territorio, nonostante siano collocate all'interno di istituzioni statali.
Il legislatore, con la legge 354/75 ("Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà"), all'art.12, disponeva che "Gli istituti devono inoltre essere forniti di una biblioteca costituita da libri e periodici, scelti dalla commissione prevista dal secondo comma dell' articolo 16. Alla gestione del servizio di biblioteca partecipano rappresentanti dei detenuti e degli internati". L'art. 16 recita: "...commissione composta dal magistrato di sorveglianza, che la presiede, dal direttore, dal medico, dal cappellano, dal preposto alle attività lavorative, da un educatore e da un assistente sociale. La commissione può avvalersi della collaborazione degli esperti indicati nel quarto comma dell' articolo 80". Fino a qui nemmeno l'ombra di un bibliotecario, salvo che non si intenda vicino ad esso, al richiamato art. 80, "...il professionista esperto in servizi sociali". Comunque sia, la biblioteca pubblica era autorizzata, a pieno titolo, a varcare le mura del carcere.
Forti di queste norme, si dette il via, quindi, all'avventura che ci avrebbe portati "dentro". In particolare, durante lo svolgimento nel 2008 del convegno indetto dal Ministero per i Beni e le attività culturali, la Biblioteca universitaria di Genova, la Biblioteca Berio, l'AIB, e il Goethe Institut-Genua dal titolo "Galeotto fu il libro" [1], rappresentanti della politica, bibliotecari e direttori di carceri - primo fra tutti il Provveditore all'Amministrazione Penitenziaria per la Liguria - scoprirono, di fronte ad un attento pubblico, che le idee sulla diffusione del libro e della lettura nelle carceri, pur vista da angolazioni diverse, erano patrimonio comune, e tutti si auspicava di rafforzarne la penetrazione. A quel convegno partecipò il collega Gerhard Peschers - Presidente della Società delle Biblioteche Carcerarie della Germania - che con la biblioteca carceraria della città di Münster aveva appena vinto un importante premio nazionale: una biblioteca carceraria aveva sorpassato in qualità dei servizi offerti e funzionalità della sede le altre biblioteche di quello Stato![2]

Pochi mesi prima era stato firmato il protocollo di collaborazione che impegnava la Biblioteca Berio ad offrire alla biblioteca interna della Casa Circondariale di Marassi, in regime di reciproca collaborazione, un servizio di consulenza bibliografica e biblioteconomica, gestionale e informatica, e un supporto in genere culturale e informativo. Terreno d'azione si intendeva fosse il ruolo educativo, collegato a finalità sociali, informative e formative; lo scopo, favorire la crescita individuale e collettiva dei detenuti garantendo loro l'accesso agli strumenti di conoscenza, di informazione e comunicazione, ponendo attenzione alla loro formazione utile ad un futuro reinserimento nel mondo del lavoro. L'obiettivo, infine, quello di instaurare un vero e proprio scambio tra "dentro" e "fuori", tra città e carcere, coinvolgendo tutti coloro che vivono la realtà carceraria. Un documento contenente gli stessi impegni e intendimenti venne siglato tra la Biblioteca Berio e la Casa Circondariale di Genova-Pontedecimo, per metà occupata da popolazione femminile.

Per descrivere il contesto, va detto che alla Casa Circondariale di Marassi trovammo operativa, da anni, una biblioteca interna, sorta a cura di un sacerdote e condotta da quelle valentissime volontarie che ancora oggi vi operano. L'intervento di un'istituzione bibliotecaria professionale, operante all'interno di un protocollo di collaborazione, ha garantito stabilità e supporto tecnico alla gestione e all'uso della raccolta dei libri già esistente e volenterosamente ordinata. E' garantita, da allora, anche la formazione dei detenuti bibliotecari che operano sia a Marassi sia a Pontedecimo, raccordo fondamentale tra i libri e gli altri detenuti. Dalla loro personale competenza e capacità di relazione con gli altri ospiti dipende molta parte del successo della diffusione della lettura; da notare che queste persone sono soggette, per vari motivi, ad una certa mobilità, quindi la nostra capacità deve essere anche quella di interloquire con persone dalle caratteristiche diverse e di adattarsi ad una situazione che è, per sua natura, poco controllabile dall'esterno. Si opera "in casa d'altri", in istituzioni che hanno urgenze ed emergenze importanti, e dove la biblioteca è solo uno strumento tra gli altri di formazione e sollievo degli ospiti.

La prima azione intrapresa fu l'installazione nel computer della biblioteca di Marassi una copia dell'OPAC integrato biblioteche civiche e Università, una simulazione "blindata" perché i detenuti non possono accedere alla rete. In questo modo si consentiva di scegliere libri dalle raccolte della biblioteca Berio e, tramite apposito e onnipresente modulo detto "domandina", farne richiesta al detenuto bibliotecario che l'avrebbe consegnata agli addetti della Berio. In un primo tempo erano iscritti al prestito del Sistema Bibliotecario Urbano i singoli detenuti, ma si decise successivamente, data la complessità della gestione di così tante tessere, notevolmente complicata dalla mobilità delle persone, di emettere una sola tessera intestata al carcere. La possibilità del prestito fu da subito allargata al personale della Polizia Penitenziaria. Cominciò anche, per la biblioteca interna, un'attività di scarico delle opere sorpassate o danneggiate, nonché l'acquisizione di libri attraverso donazioni, con relativo aggiornamento dei record del programma informatizzato - ovviamente un programma semplificato e separato da quello del Sistema Bibliotecario Urbano - senza però abbandonare la trascrizione su appositi registri cartacei. Si idearono anche due eventi annuali: il piccolo concorso di poesie riservato ai detenuti della carceri liguri denominato "Poeti dentro" - quella del giugno scorso fu la sesta edizione - che si svolge all'interno del "Festival Internazionale della Poesia", con premiazione pubblica delle poesie selezionate e lette dagli autori dal palco di Palazzo Ducale, e il "Mercatino di San Frumenzio", scambio dei libri usati ricevuti in dono, a favore delle attività culturali del carcere.
Ma molti altri furono, negli anni, gli interventi di collaborazione mirati da un lato a far varcare la porta delle prigioni personaggi della cultura e dell'informazione, dall'altra a sensibilizzare la cittadinanza attraverso convegni e dibattiti su ogni tema che potesse riguardare la detenzione, sempre con la presenza di personaggi di rilievo anche nazionale, che garantissero la qualità degli interventi. Figure interne all'amministrazione penitenziaria (direttori, ufficiali e agenti della Polizia Penitenziaria, educatori, criminologi, psicologi, funzionari del PRAP - persone dimostratisi sempre di grande appoggio, aiuto e disponibilità), nonché esponenti del volontariato associativo, accreditavano la correttezza delle informazioni e l'equilibrio delle critiche al sistema penitenziario. I temi trattati sono stati assai vari: la figura del Garante dei detenuti (che in Liguria non è ancora istituito), il lavoro delle cooperative commerciali e di servizi che impiegano il lavoro delle persone ristrette, l'arte prodotta nelle carceri, le pubblicazioni periodiche carcerarie più importanti in Italia, ed altro ancora, comprese presentazioni di libri di autori particolarmente autorevoli in questo ambito. Si condusse addirittura una serata, alla biblioteca Berio, di un gioco dell'oca pubblico basato sul regolamento carcerario - uscito con numero speciale di "Area di servizio". Partecipazioni a convegni, letture e frequentazione delle molte associazioni di volontariato che operano nelle case circondariali accrescevano la consapevolezza e la conoscenza delle problematiche. La biblioteca Berio venne identificata, col tempo, come punto di riferimento di quanti operano in questo ambito, sia nelle istituzioni sia nel volontariato.

L'altra Casa Circondariale genovese, quella di Genova-Pontedecimo, nata come carcere minorile - ma non lo divenne mai - poi carcere esclusivamente femminile, e che ora ospita sia detenute sia detenuti, pur essendo più piccola del carcere di Marassi, pone difficoltà in ordine alla lontananza dalla biblioteca Berio. Esisteva là una biblioteca di radicata tradizione nella sezione femminile, che si avvaleva dell'opera di una valente volontaria, e di detenute bibliotecarie che continuamente si succedevano, prive, però di specifica formazione. Il risultato era la risistemazione continua dei libri sugli scaffali a proprio gusto e intendimento, ma senza un criterio biblioeconomico continuativo e trasmissibile. Si operò innanzitutto per riordinare - ma si dimostrò insostenibile istituire il servizio di prestito dalla Berio, dato i tempi di percorrenza tra il centro città e Pontedecimo. Si condusse comunque il consueto lavoro di consulenza a vasto raggio sull'ordinamento delle biblioteca e sulla sua gestione, e si operò per fare incontrare alla popolazione detenuta personalità di rilievo, usufruendo di uno spazio teatrale attrezzato allo scopo. Si consideri come tali incontri hanno, per questo tipo di utenza, un particolare valore aggiunto che è quello di farli avvicinare a persone portatrici di percorsi di vita, stili e mentalità del tutto estranei alla delinquenza, esempi positivi con i quali confrontarsi per alcune ore: un diverso e spesso sconosciuto modello comportamentale. Similmente, noi di "fuori" siamo stupiti dalla genuina creatività, dalla repressa ed esplosiva voglia di esprimersi che il "serbatoio carcere" contiene, e che si manifesta con estrema forza se solo viene data l'occasione di esternarlo con poesie, teatro, canzoni, racconti.

L'avvio di progetti-lavoro finanziati dalla Provincia consente di disporre di persone detenute selezionate che tengono aperte continuativamente le biblioteche, che sanno quali opere contengono e, quindi, possono indirizzare le scelte dei compagni di detenzione. Le piccole somme percepite per lo svolgimento di questo lavoro sono un contributo alla loro qualità di vita. La qualifica di questi lavoratori non sempre è direttamente collegata ai compiti svolti nella biblioteca, ma talvolta a quella di "scrivano", probabilmente perché considerata la più vicina, per così dire, alla carta e alla penna; si equipara, quindi, ad altri addetti ai piccoli ma necessari lavori del carcere, quali lo "scopino", lo "spesino", l'operaio del MOF (Manutenzione Ordinaria Fabbricati), l'addetto alle cucine, ed altri. Nonostante il protocollo di collaborazione siglato nei mesi scorsi dal DAP (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) e l'AIB, a livello nazionale, nonostante la norma di legge sopracitata, ancora non si riconosce a pieno titolo le biblioteche carcerarie come parte integrante del sistema rieducativo. Sorprende sempre come, invece, questo "automatismo bibliotecario" sia evidente ed usuale in altri paesi; lo evince da innumerevoli racconti, romanzi e film.

A Pontedecimo si è risolto, per merito di una volontaria, il problema dell'approvvigionamento di periodici in lingua araba e spagnola, in modo semplice e pragmatico, ovvero raccogliendoli dai commercianti stranieri - numerosi a Genova - che li ricevono dai loro paesi d'origine. Da qualche anno è stata impiantata una biblioteca anche nella sezione maschile, ed una terza, sempre in un'altra zona della sezione maschile, sarà operativa tra poco.

Sappiamo bene qual è il senso, la funzione della lettura ed il beneficio che se ne può trarre nella vita di ognuno di noi. Ma, in carcere? Un detenuto raccontò che iniziò a leggere per rispondere in modo più vario e coinvolgente alle lettere della fidanzata, un altro per isolarsi nonostante il sovraffollamento, un altro per cucinare nella sua cella piatti diversi, alcuni per motivi di studio intrapresi tra le mura del carcere. Qualcuno leggeva prima, nella vita fuori, e cerca di continuare. Generi che hanno buona diffusione sono i gialli, i romanzi polizieschi e noir, ma anche la poesia è richiesta. Rimane il problema, come accennava il detenuto bibliotecario all'inizio, dei libri in alcune lingue: arabo, rumeno, albanese, cinese - problema non da poco visto che la metà della popolazione carceraria è straniera. Esiste per alcuni, l'imbarazzo di farsi vedere dai compagni con un libro in mano, identificando la lettura come un'attività inutile, troppo leggera e femminile. Da mettere in conto una certa dispersione delle opere prestate: persone che passano un libro da una cella ad un'altra e diventa impossibile ritrovarlo, chi viene trasferito e lo porta con sé, libri che vengono danneggiati. Dovremmo chiederci quale sia davvero la differenza tra il "dentro" e il "fuori" nel comportamento delle persone di fronte al libro, nei confronti della biblioteca e della lettura.


NOTE

[1] Recensione e riflessione riguardo a quel convegno: Francesco Guido, Letture, biblioteche e carcere, "Vedi anche", 16 (2008), n. 1, p. 4; Emanuele Canepa, Biblioteche e carcere: dopo il convegno del 23 gennaio 2008, 16 (2008), n. 2-4, p.10.
[2] Cfr.: Intervista a Gerhard Peschers, a cura di Francesco Guido, "Vedi anche", 16 (2008), n. 2-4, p. 11.