Vedianche
- Notiziario della Sezione Ligure dell'Associazione Italiana
Biblioteche
Numero 2 Vol. 23 Anno 2013 ISSN 2281-0617
La biblioteca universitaria di Genova
verso la sua riunificazione
Maria
Concetta Petrollo
Una biblioteca vive
delle sue raccolte che si compongono come in una storia ed ogni storia
è personale, ogni biblioteca ha la sua, fisicamente
leggibile nello snodarsi degli scaffali, nelle dimenticanze delle
scansie, negli angoli nascosti, nelle sue esplicite ed inesplicite
collocazioni, inventariazioni, registri, schede.
La biblioteca va letta nel suo insieme, una "universitas rerum" che
è immorale e dannosissimo smembrare e dividere, proprio come
se si dovesse tagliare una parte del corpo di una persona e riporla,
oramai in mortale sepoltura, in un posto diverso da quello del suo
corpo vivente.
La biblioteca è
il suo luogo. Non i
luoghi. Il luogo che per essa è stato
progettato e creato, luogo che si fonde con le sue raccolte, i suoi
schedari e ne fa una sola presenza, insieme fisica ed intellettuale.
Nel luogo si incontrano i frequentatori della mente, quella particolare
e unica ed irripetibile mente che la biblioteca esprime - i lettori -
con le sinapsi che la fanno vivere - i bibliotecari.
Se il luogo si smembra e si divide la biblioteca rimane sconosciuta e
l'incontro della biblioteca con il suo pubblico non avviene o avviene
in forma sterile e schizofrenica, la circolazione sanguigna del sapere
si blocca.
La bella e importante biblioteca Universitaria di Genova ha sofferto ed
è morta per questo smembramento avvenuto nel corso degli
ultimi trent'anni. Le sue radici storiche, gran parte dei fondi
gesuitici, sono state tagliate, separate e nascoste in un deposito
chiuso al pubblico. Altre raccolte sono state sistemate (e messe a
disposizione del pubblico in orario assai limitato) in un appartamento
di un edificio dove hanno sede la Polizia di stato ed una casa per
malati di Alzheimer. Non solo il pubblico ma anche le sinapsi - il
personale della biblioteca - hanno sofferto di questa scissione. La
comunicazione si è interrotta, i luoghi sono diventati
quelli della divisione, non del lavoro comune, da fare insieme per
mantenere la memoria storica e farla rivivere nelle varie forme in cui
si concretizza il lavoro di biblioteca: curare il libro, collocarlo,
viziarlo, individuarlo nella sua informazione, tenerlo, trattenerlo,
offrirlo.
Giacché il diavolo della mancata previsione - da parte di
chi fra i suoi compiti ha quello di prevedere le conseguenze delle
decisioni prese per tutti - ci ha messo la coda, il burocratese e
l'imitazione del lavoro hanno riempito la perdita di significato
paralizzando la biblioteca in una situazione dalla quale solo ora si
sta tentando di uscire.
Abbiamo così chiuso, nell'ottobre 2013, due sedi (un
magazzino esterno e la sede di Via Balbi 38b), riportando alla luce
circa settantamila volumi, restituendo letteralmente ossigeno a gran
parte di loro (Fondi gesuitici che nel deposito esterno stavano
ammuffendo).
Abbiamo avuto il coraggio di venire ad abitare la nuova sede del
Colombia, al civico 40 di via Balbi, sede i cui lavori erano conclusi
già da molti anni. Vi siamo venuti cercando di superare i
tantissimi problemi derivanti da una sede abbandonata
ancorché collaudata. Vi siamo venuti con grande senso di
responsabilità. Abbiamo cercato di riaprire lì il
servizio di distribuzione al pubblico dei Fondi antichi che prima non
erano consultabili. Abbiamo iniziato a ragionare di nuovo, tutti
insieme, sulle dinamiche, sulla circolazione sanguigna del lavoro.
Quello che manca ora sono gli scaffali. In probabile arrivo, se si
supera lo stretto di Scilla e Cariddi dei ricorsi, quelli, diciamo
così, di superficie, destinati ai tre piani delle sale di
consultazione. Purtroppo non ancora programmati, nonostante la nostra
piena consapevolezza della loro assoluta necessità, quelli
dei due piani del nuovo deposito librario del Colombia che dovrebbero
contenere i circa 650mila volumi dello storico deposito Lips Vago a
castelletto di via Balbi 3 così consentendo la definitiva e
completa riunificazione della biblioteca universitaria ed il
dimezzamento della cifra ora necessaria all'apertura della due sedi
(un'enormità, circa 900mila euro, insostenibili in tempi di
spending review).